giovedì 30 aprile 2015

Se l'amica è andata a letto col tuo ex (2): regole non dette di un'amicizia e cosa fare

Vi ricordate la storia di Anna e Barbara che vi ho raccontato nel post precedente (potete recuperarla qui: Se l'amica è andata a letto col tuo ex (1) )?
Nell'articolo precedente ho riflettuto sulla storia di Anna e Barbara e ho messo in luce le ambiguità del termine "ex" che, negando ciò che è stato, richiama allo stesso tempo il passato nel presente. Nel presente articolo vedremo invece in questa storia specifica quali sono le regole personali e gli orizzonti valoriali in cui si muovono le due protagoniste, le regole condivise dell'amicizia e alcune strategie utili e domande da porsi sia quando si inizia a provare attrazione per l'ex della propria amica sia quando si scopre che l'amica è andata con il tuo ex.




3. Regole personali e orizzonti valoriali delle protagoniste di questa storia: specifico che i modi di riflettere e di agire appartengono alle protagoniste di questa storia, ma ciò non significa che non possano appartenere anche a chi legge, in maniera simile o con alcune differenze. Partiamo da Barbara. Per Barbara non importa quanto tempo sia passato da quando ci si lascia con un ex: secondo Barbara, anche se un ragazzo non sta più con te, un'amica non è autorizzata ad andarci a letto o ad avere una relazione con lui. Questa sembra essere la regola implicita fondamentale che guida il suo agire. E' come se una parte di lei fosse rimasta ancora legata a lui, come se la loro storia non fosse mai finita, e questo spiegherebbe il senso di possesso che ha nei confronti di Carlo, la gelosia e la vendetta. Se non le fosse importato niente di Carlo, non avrebbe fatto una piega sapendo che l'amica era andata a letto con lui. Certo, per Barbara fa male anche solo sapere che lui abbia un'altra ragazza adesso, ma fa ancor più male scoprire che proprio un'amica come Anna, ovvero una persona di cui Barbara si fidava, non abbia compreso le regole personali che muovono il suo agire e le abbia violate. Ancora, per Barbara non è in contraddizione avere un nuovo ragazzo nel presente e continuare a rimanere legate all'ex. Infine per Barbara un'amica sincera, se prova qualcosa per il suo ex, dovrebbe dirlo subito e non aspettare. Aver fatto passare troppo tempo prima di confessare i propri sbagli per Barbara è già un indizio di colpevolezza, un segnale del fatto che si ha qualcosa di poco chiaro da nascondere.
Passiamo ad Anna: per Anna il passato è passato. Anna pensa: "se la mia amica non sta più insieme al suo ragazzo, è storia finita, dunque io mi sento autorizzata ad andarci a letto o ad avere una relazione con lui, perché lui non le appartiene più, lei non ha più alcun motivo per rivendicare diritti su di lui". Questa sembra essere la regola principale che ha guidato il suo agire. Va detto che la notte di passione nata con Carlo è nata in modo improvviso per un'iniziativa di Carlo che Anna neppure si aspettava, ma che non le è dispiaciuta. Forse Anna in quel momento non ha riflettuto più di tanto sul da farsi, ciò che ha valutato era soltanto che Carlo era single e libero al momento, per cui non si è fatta problemi. Successivamente però, conoscendo anche i trascorsi con Barbara, ha iniziato ad interrogarsi. Probabilmente a posteriori Anna ha intuito che a Barbara poteva aver infastidito il fatto che lei fosse andata a letto col suo ex, per cui ha deciso di confidarsi anche per vedere come l'avrebbe presa Barbara. Barbara non ci ha più visto. Anna forse si è resa conto troppo tardi di quanto ancora Barbara fosse legata a lui. Il fatto che fosse ancora legata a lui, ha fatto capire ad Anna che era il caso di non rivedere più Carlo e così è stato. In questo senso, Anna ha chiesto scusa ed è scesa a compromessi venendo incontro alle esigenze di Barbara, ma questo non è bastato per placare le sue ire. Ravvisiamo qui altre due regole che guidano l'agire di Anna: "se si sbaglia si può chiedere scusa e l'altro a questo punto dovrebbe capire e perdonare" e "io sono in grado di capire le esigenze della mia amica e sono disposta a scendere a compromessi e a rinunciare a qualcosa che mi interessa per lei". Ancora, notiamo che per Anna l'amicizia con Barbara viene prima della relazione con Carlo, infatti Anna decide di non incontrarlo più. Non è così per Barbara: anche se non si può essere del tutto sicuri che lei anteponga sempre e sistematicamente gli uomini che le piacciono e a cui è legata alle amiche, possiamo senz'altro affermare che, in questo caso specifico, per lei Carlo viene prima dell'amicizia con Anna. Carlo (o forse non necessariamente Carlo come persona, ma tutto ciò che per Barbara rientra nella categoria "ciò che è mio e mi appartiene") è così importante per Barbara che non può perdonare proprio l'errore dell'amica. E' irrilevante per lei che Anna abbia chiesto scusa e abbia deciso di non incontrare più Carlo: le ha fatto un torto troppo grosso che non si può perdonare. Per Barbara, l'amicizia con Anna è finita nel momento in cui Anna è andata a letto con Carlo e sembra abbastanza irremovibile in questa sua posizione. Potranno un giorno Anna e Barbara riappacificarsi e tornare ad essere amiche? A mio avviso Anna ha già fatto del suo meglio per venire incontro a Barbara. Ora tutto è nelle mani di Barbara. Una possibile soluzione sarebbe quella di passare sopra all'accaduto e concordare che cose del genere non avvengano più. Un'altra soluzione potrebbe prevedere che Barbara col tempo si senta sempre meno legata a Carlo al punto che quello che fa lui non le interessasse più. Sicuramente per riappacificarsi sarebbe auspicabile che ci fosse la volontà di entrambe di venirsi incontro e di superare l'accaduto.
Queste, osservando i fatti e i modi in cui le due amiche interagiscono tra di loro, sembrano essere le regole personali e gli orizzonti entro cui le due protagoniste si muovono. Si possono notare divergenze su molti punti, come il lettore certamente avrà notato. Sono proprio tali divergenze nelle regole implicite che guidano il loro agire che hanno fatto scattare l'incompatibilità e la cessazione dell'amicizia. Perché un'amicizia possa sopravvivere (e ciò non vale solo per le due protagoniste, ma anche per qualasiasi amicizia) occorre un terreno comune, un insieme di regole implicite condivise su cui entrambe le amiche concordano e che si impegnano a portare avanti. Di seguito vedremo una lista delle regole condivise più diffuse e più praticate in amicizia, ma mi preme ricordare che, così come ogni persona è una persona a sè, anche ogni amicizia è un'amicizia a sè e come tale ha le sue regole che possono essere concordate solo dagli attori sulla scena. Prendete, quindi, le regole che seguono solo a titolo esemplificativo e non come verità assoluta.

4. Regole condivise nell'amicizia: eccone una breve lista.
a) Se un'amica ti confida un segreto, mantienilo. Se te l'ha confidato è perché credeva nella tua fiducia, aveva bisogno di sfogarsi o necessitava di un tuo consiglio. Per vari motivi a lei potrebbe non far piacere che altri lo venissero a sapere. Mantenere il segreto per molti è un segno di rispetto nei propri confronti.
b) No all'invidia, alla rivalità e alla competizione: due buone amiche generalmente si aiutano a vicenda e gioiscono l'una dei successi dell'altra. Elementi come la competizione, l'invidia e la rivalità non fanno che minare il rapporto.
c) Se si viola una regola condivisa, sarebbe buona cosa parlarne subito con l'amica. La sincerità, il raccontare subito come sono andate le cose, sono in genere apprezzati. Nel caso di Anna e Barbara, forse Barbara non sarebbe arrivata a sospettare di essere stata tradita ripetutamente se Anna le avesse raccontato subito di essere andata a letto con Carlo...
d) Accetta gli inviti dell'altro, non rifiutarli sistematicamente. L'altra potrebbe stufarsi di ricercare la tua compagnia se le rispondi sempre di no!
e) Nel caso in cui hai notato un atteggiamento dell'altra che ti ha dato fastidio, parlagliene. Il dialogo con la persona diretta interessata è sempre lo strumento chiarificatore migliore.
f) Se l'amica necessita di un aiuto o ha un problema, ascoltala e aiutala per quanto puoi. Dopo tutto una buona amica si vede anche nei momenti di bisogno.
g) Se l'amica ti presenta altri amici, non tirarti indietro. Dopo tutto, potrebbe essere divertente conoscere persone nuove, no?
h) Non provarci con i fidanzati delle tue amiche. Vista la storia di Anna e Barbara, questo si potrebbe estendere anche agli ex, ma può variare da situazione a situazione in base a quanto la tua amica è ancora legata a lui... Le donne sono molto più inclini degli uomini a provare racore e a vendicarsi per questioni del genere.
i) Abbi rispetto se la tua amica ha alcune idee diverse dalle tue, anche se non le capisci e non le condividi. Il più delle volte la diversità di opinioni è un arricchimento personale, purché le conversazioni vengano portate avanti senza prevaricare l'altro e senza offenderlo.
j) Sentiti libera di esprimerti, sempre nel rispetto dell'altra: con le amiche puoi permetterti di essere te stessa e non ciò che altri ti impongono di essere.
k) Se decidi di declinare un invito della tua amica, abbi l'accortezza di dirglielo per tempo e non quando si è già preparata ed è già sul posto. Anche questo è un segno di rispetto.
l) Perdona gli errori. Sbagliare è umano e anche tu non sei immune da errori. Solo perché una tua amica si comporta diversamente da quanto avevate concordato o vi aspettavate, non significa che il suo modo di agire sia meno accettabile del tuo. Prova per una volta a uscire dalle tue logiche e dai tuoi egoismi. Se Barbara avesse perdonato Anna, a quest'ora sarebbero ancora amiche...
Forse ad alcuni lettori non è sfuggito che ho scritto queste regole declinandole al femminile e non al maschile. Perché questa scelta? Perché l'amicizia tra donne a volte si rivela molto più problematica e complicata di quella al maschile (lo approfondirò nel prossimo articolo che riguarderà il tema: esiste l'amicizia tra uomini e donne?). Ciononostante le idee di rispetto, di aiuto reciproco, di condivisione di idee e momenti si ritrovano anche nell'amicizia tra uomini.
Ora che è stata fatta luce sulle regole implicite personali e condivise, vediamo cosa fare quando ci si sente attratti dall'ex della propria amica o quando si scopre che lei è andata col nostro ex.

5. Quando ci si sente attratti dall'ex di un'amica, che fare?
Per rispondere faccio riferimento a un articolo della dott.ssa Barbara Greenberg, apparso su Psychology Today nel 2013, ed alle mie considerazioni e riflessioni personali, alla luce di quanto detto precedentemente sulle regole implicite personali e condivise. Quando si scopre di essere attratti dall'ex di un'amica, Greenberg suggerisce di porsi le seguenti domande e valutare le seguenti questioni:
a) Quanto è recente la rottura tra la tua amica e il suo ex? Se si sono lasciati appena la scorsa settimana, è meglio evitare di farsi avanti con lui e aspettare, perché non si può essere sicuri che la storia sia realmente finita. Molte coppie hanno dei tira e molla nel loro rapporto. Prima di provarci con lui, meglio aspettare uno o più mesi.
b) Quanto è intima l'amicizia con questa ragazza? Se è una tua cara amica, parla liberamente con lei del fatto che quel ragazzo ti piace e che stai considerando di provarci con lui. La sincerità in questi casi viene apprezzata dalle amiche. Se non è un'amica stretta ma soltanto una conoscente, potresti anche fare a meno di discutere i tuoi progetti sentimentali con lei.
c) Come si sente la tua amica dopo la rottura con il suo ex? Se ha preso bene la rottura o addirittura è stata lei a chiudere la relazione, sei avvantaggiata. Anche in questo caso comunque parlare con lei dei tuoi sentimenti per il suo ex e osservare la sua reazione può darti un'utile indicazione su come comportarti con lui.
Detto ciò, aggiungo il mio personale punto di vista: prima di farti avanti con lui, cogli le regole implicite e i valori che guidano l'agire della tua amica. Questo lo puoi fare parlando con lei e vedendo come si comporta con te e con altri. Rifletti e vedi quali regole implicite combaciano con le tue e quali no. Prova a portare la conversazione sulle vostre divergenze di valori e di regole implicite e discutete su quanto entrambe siete disposte a rinegoziarle (e nota bene: questo vale anche quando l'elemento di disputa non è l'ex, ma qualcos'altro, per esempio il partecipare o meno a un certo evento, invitare o meno un amico comune, ecc), perché sono proprio le divergenze e la rigidità nel non negoziarle che a lungo andare possono portare alla rottura dell'amicizia. Ancora una volta il dialogo è lo strumento migliore di confronto per capirsi e venirsi incontro.
Sarebbe preferibile fare tutte queste riflessioni e dialoghi con l'amica prima che con l'ex succeda qualsiasi cosa, ma a volte può capitare, come è accaduto ad Anna, che sia lui inaspettatamente a fare la prima mossa con noi. In quel caso che si fa? Non c'è una risposta univoca a questa domanda. C'è chi cede al richiamo dell'istinto senza farsi troppe domande e chi, continuando ad anteporre l'amicizia con l'amica agli uomini, rifiuta le avances e continua a preferire di parlarne prima con l'amica. Ognuno ha la sua personale risposta a questa domanda. Se cedi all'istinto senza esserti accertata di come potrebbe prenderla l'amica, ricorda che successivamente la sua reazione potrebbe essere devastante. Nel peggiore dei casi potrebbe portare alla fine dell'amicizia, proprio come è successo ad Anna e Barbara.

E nel caso in cui sei tu che scopri o vieni a sapere che la tua amica è andata a letto col tuo ex, che fare?
Le domande precedenti possono essere declinate anche a te stessa e ad esse possono esserne aggiunte altre: quanto tenevi a lui? Da quando hai rotto con lui come ti senti? Quanto tieni alla tua amica e quanto è intima l'amicizia con lei? Del fatto accaduto cosa ti dispiace di più veramente: il fatto che lui ha dimostrato di preferire un'altra a te o il fatto che la tua amica ti ha fatto un torto, indipendentemente dal fatto che si tratta di lui? Se ti accorgi che lui è una questione marginale e ti disturba di più il torto in sè, rifletti e lavora sul senso di questo torto, su cosa rappresenta per te ricevere un torto e riceverlo proprio da una tua amica.
Se ti senti ancora legata a lui e per questo ti dà fastidio che lui vada a letto con una tua amica, fallo presente alla tua amica, senza però dare per scontato che lei ti venga incontro, perché non è detto che lei continui ad anteporre l'amicizia ad una relazione con un uomo. Se antepone l'amicizia, probabilmente ti ascolterà ed eviterà in futuro di fare qualcosa che ti infastidisce. In caso contrario, valuta se puoi continuare ugualmente ad essere amica di questa persona o se il suo comportamento ti ha ferito talmente tanto da non poterla più considerare amica. In alcuni casi, recidere un'amicizia (o presunta tale) può essere una benedizione. 
In tutti i casi, a mio avviso, se si tiene veramente ad una relazione, sia essa di amicizia o di amore, può essere utile perdonare per non perdere quella persona.
L'argomento è veramente delicato. A volte è difficile anche rapportarsi ad un altro quando si è solo in due in una relazione, figuriamoci se sullo scenario è presente anche una terza persona! Il mio articolo mirava a fare luce e chiarezza in una situazione complicata, dando anche qualche indicazione utile su come muoversi.
Spero di esserti stata utile. Attendo di sapere nei commenti cosa ne pensi delle regole implicite personali e condivise. Hai altre soluzioni in mente riguardo a come comportarsi quando ci si sente attratte da un ex di un'amica? Se sì, ti invito a condividerle.
A completamento di questo argomento, ti anticipo già che il mio prossimo articolo si interrogherà sulla possibilità di un'amicizia tra uomini e donne, come per esempio nel caso di una persona e del ragazzo o ex ragazzo della sua amica. 


Fonte: Articolo di Greenberg su Psychology Today del 30 giugno 2013, link: I like my friend's ex boyfriend

martedì 28 aprile 2015

Se l'amica è andata a letto col tuo ex (1): le ambiguità degli ex

Apro questo post raccontando una storia sentita qualche giorno fa, le cui protagoniste sono due amiche: Anna e Barbara. Sullo sfondo della storia ci sono altri tre personaggi: Carlo (ex ragazzo di Barbara, con cui Anna ha avuto una notte di sesso occasionale due anni dopo che Barbara si era lasciata con lui), Diana (attuale ragazza di Carlo) ed Ettore (attuale fidanzato di Barbara, da cui lei aspetta ora anche un figlio).
La storia si apre con Anna che convoca Barbara in tribunale. Anna vuole chiedere il risarcimento per essere stata diffamata da Barbara. La presunta diffamazione consiste nel fatto che, a detta di Anna, Barbara ha spifferato a Diana (incontrata casualmente in compagnia di Carlo) il fatto che Anna e Carlo hanno avuto una notte di passione e non solo: secondo Barbara, è possibile che Anna e Carlo si frequentassero e facessero sesso già a sua insaputa anche mentre Carlo stava ufficialmente con Barbara. Barbara racconta questo a Diana sia per metterla in guardia riguardo alla persona che sta frequentando, sia per vendetta personale per essere stata tradita e ferita sia dall'ex ragazzo che da una delle migliori amiche.


Come si è concluso il processo in tribunale? Sentite entrambe le parti, il giudice dispone sulla base dell'articolo 2059 del codice civile (relativo al danno non patrimoniale) che ad Anna non spetta alcun risarcimento, in quanto si tratta di una scaramuccia di poco conto tra le due, non così grave e lesiva della persona nè del suo onore tale da giustificare un risarcimento. Il giudice non esprime alcun parere su quanto avvenuto tra le due e l'ex, in quanto ciò non fa parte della richiesta e non è tema di sua pertinenza. La storia presenta però spunti interessanti per noi psicologi, pertanto mi soffermerò di seguito a riflettere sui risvolti psicologici della vicenda, concentrandomi in particolare su alcuni dettagli della storia, sulle implicazioni dell'essere considerato ex, sulle regole implicite e non dette dell'amicizia e sull'attrazione che può nascere tra l'ex ragazzo ed una delle proprie amiche, senza dimenticare alcuni spunti su cosa fare quando nasce l'attrazione per l'ex di un'amica.  Vista la lunghezza e la complessità dell'argomento, lo suddividerò in tre articoli.

1. Alcuni dettagli della storia. Ciò che mi ha colpito di questa storia è in primo luogo che le due si dichiaravano amiche, ma da quando Anna è andata a letto con Carlo non perdono occasione per rinfacciarsi errori e favori che hanno fatto una per l'altra. Anna assume nelle conversazioni con Barbara sempre la parte difensiva di chi viene accusata e rinfaccia all'amica che quando si trattava di fare da paciere tra Barbara e Carlo che litigavano, Barbara la considerava un'amica, invece dal momento che era stato commesso quest'errore, era la fine dell'amicizia, nonostante i bei momenti passati insieme. Anna si difende dicendo: "Erano passati ben due anni da quando ti eri lasciata con lui e avevi/hai già un altro da cui aspetti anche un figlio..." con il sottinteso: "Se stai con un altro, com'è possibile che ti interessi ancora così tanto con chi va il tuo ex?". Ed aggiunge: "Non mi aspettavo che accadesse, una sera lui ci ha provato con me e siamo finiti a letto. Ero incredula". Anna ha l'aria di chi si è interrogata molto sul da farsi dopo l'accaduto. In cuor suo, a posteriori è plausibile che si sia resa conto che ciò che aveva commesso era un errore e un torto all'amica, per questo, oltre a non volere rivedere più Carlo, sei mesi dopo l'accaduto ha deciso di raccontare il fatto a Barbara, ma quest'ultima, invece di apprezzare la sincerità dell'amica, ha trascurato del tutto il fatto che quei sei mesi di tempo per parlarne erano serviti ad Anna per capire lei stessa quanto successo e decidere cosa fare d'ora in poi, ma al contrario Barbara ha pensato: "Perché non me l'hai detto subito quando era appena successo? Se non me l'hai detto subito, significa che il fatto è più grave di quello che mi vuoi far credere. Secondo me facevate sesso già quando Carlo stava con me, il tutto a mia insaputa... sono sempre stata cornuta senza saperlo". Da qui la vendetta e la decisione di spifferare tutto a Diana e ad altri amici della compagnia. E' evidente che Anna e Barbara si muovono secondo ragioni, valori, regole implicite di vita e di relazioni diverse e da qui nasce la loro divergenza di opinioni.
Al di là del fatto che alcuni miei colleghi psicologi maliziosamente potrebbero trovare indizi di patologia in entrambe (in Barbara potrebbero essere ravvisabili chiari aspetti di paranoia e in Anna un'accesa competizione e desiderio di possesso guarda caso proprio di ciò che era dell'amica), questa storia suscita senz'altro almeno un paio di interrogativi: può un'amicizia anche forte rompersi perché un'amica va a letto col tuo ex? La storia suggerisce di sì. E, quindi, se si scopre di essere attratti dall'ex ragazzo di un'amica che si fa? E' possibile salvare sia l'amicizia sia la relazione con il ragazzo? Può esistere un'amicizia tra uomo e donna? Non si può rispondere a queste domande senza prima far riferimento all'ambiguità del termine "ex" con le sue implicazioni identitarie ed al sistema di regole implicite che muovono le due protagoniste della storia ed eventuali regole condivise generali che stanno alla base di un'amicizia.

2. L'ambiguità del termine "ex". In un lavoro del 2011 (reperibile online), Faccio e colleghi mettono bene in luce come viene utilizzato il termine ex. Il prefisso "ex" nega nel presente la parola che lo segue, affermando che la persona ha smesso di essere tale, ma allo stesso tempo riafferma la condizione precedente: il focus è sull'evento passato che ha cessato di essere tale, ma che ha ancora ripercussioni sul presente. Gli autori lo spiegano bene citando vari esempi tra cui quello dell'ex detenuto: egli può compiere un sacco di buone azioni per riabilitare la propria immagine agli occhi degli altri, ma di fatto, se avviene un piccolo furto nell'azienda in cui egli lavora dopo aver scontato la pena, chi guarderanno gli altri come probabile colpevole? Questo ci dice che è ancora presente nella mente degli altri l'immagine di lui come delinquente, persona che ha commesso reato, con tutti i tratti distintivi che si attribuiscono ai detenuti, pur non essendo egli più in prigione. Infatti, se il termine "ex" non avesse tali ripercussioni presente, non si capisce perché non si possa usare un temine alternativo per descrivere la condizione attuale: chi perde il marito è chiamata "vedova" non ex moglie, chi perde i genitori diventa orfano, chi perde il lavoro diventa "disoccupato" non ex lavoratore. Vi sono delle differenze anche tra il termine "ex" e il termine "post" che è simile solo in apparenza: "post", a differenza di "ex", pone l'accento sul futuro, su qualcosa da cui ci si vuole realmente affrancare, non sul passato che ha ripercussioni sul presente: definiamo, infatti, per esempio post-espressionista chi segue una corrente altra dall'espressionismo. "Ex" nega ciò che c'era prima, ma allo stesso tempo afferma la presenza di ciò che prima avveniva. Per dirla con le parole di Faccio e colleghi: "Il prefisso 'ex' lascia trasparire la complessa dinamica enunciativa che cerca di far sì che le pressioni del passato siano componibili con le aspirazioni del presente in un progetto identitario sostenibile dall'io" (Faccio et al, 2011). Nella nostra storia di Anna e Barbara, questo significa: Barbara è in qualche modo ancora attaccata al suo ex. Anche se sta con un altro, da come si racconta, pare che una parte di lei sia ancora legata a Carlo: a maggior ragione per questo è grave ai suoi occhi il fatto che Anna sia andata a letto con lui. Il fatto che Barbara ora stia con Ettore non è agli occhi di Barbara incompatibile con il fatto che una parte di sè sia ancora legata a Carlo: raccontandosi così, il suo "progetto identitario" diventa plausibile e sostenibile.
Faccio e colleghi concludono che sarebbe opportuno trovare altri modi sostitutivi di definire ex e i termini a cui si accompagna, poiché solo da un nuovo uso delle parole scaturiscono realtà diverse e un ampliamento delle possibilità di essere e di agire dell'individuo. Anche Faccio e colleghi sostengono inoltre, come me, che dietro al termine "ex" sono sempre presenti anche delle norme, ovvero delle regole implicite e non dette. Tale sistema di regole, sia quelle personali, sia quelle condivise in un'amicizia, è altrettanto cruciale per comprendere come mai è possibile che l'amicizia finisca. Questo tema sarà oggetto del prossimo articolo.



Cosa ne pensi di quanto detto sin qui? Che mi dici dell'ambiguità del termine ex? Vuoi condividere le tue riflessioni sulla storia di Anna e Barbara o su una tua esperienza analoga? Aspetto le tue impressioni nei commenti!


Fonti: Faccio et al. (2011), Le ambiguità degli "ex": identità in transito tra la negazione e l'affermazione del passato, Scienze dell'interazione, numero 3, 2011 [reperibile online al link seguente: Le ambiguità degli ex da pagina 39].
 

mercoledì 8 aprile 2015

Ciò che ci contraddistingue: il cambiamento

Uno degli elementi che contraddistingue gli esseri umani è il cambiamento. E' molto improbabile non cambiare mai nel corso della propria vita. Afferma uno dei miei maestri (Alessandro Salvini): "Ciascuno è uguale soltanto a stesso e neanche sempre". Come avviene tutto questo? Scopritelo in questo articolo.




Cosa significa che ognuno è uguale soltanto a se stesso e neanche sempre? Significa che ognuno pensa, agisce, si relaziona con gli altri in un modo tutto suo, diverso da quanto farebbero altri che si trovano nella stessa sua situazione e con le stesse persone. Ogni azione che compiamo, ogni frase, ogni pensiero è situazionale, contingente e accessorio, in altre parole è vera per noi solo nel momento presente in cui la compiamo o pronunciamo e con una certa persona ed è legata agli obiettivi che più o meno consapevolmente ci poniamo in una certa situazione o con una certa persona ed alle valutazioni che facciamo di una certa situazione o persona (valutazioni che scaturiscono da esperienze pregresse e conoscenze personali). Con altre persone, oppure in altri situazioni oppure in altri momenti della propria vita è probabile che, anche se ci troviamo davanti a un evento simile ad uno passato, faremo valutazioni diverse e di conseguenza agiremo diversamente.
Pensiamo, ad esempio, a quando leggiamo un libro: lo stesso libro letto a distanza di 10 anni è possibile che ci faccia un effetto diverso. Ci soffermeremo magari su alcuni particolari che alla prima lettura non avevamo notato e sorvoleremo forse invece su altri dettagli che magari in passato ci erano sembrati interessanti.
Perché avviene tutto questo? Perché nel frattempo siamo cambiati noi e con noi è cambiata la nostra percezione e interpretazione dei fatti e degli eventi. 

Come è possibile cambiare, a volte anche radicalmente, da un momento all'altro della propria vita? Ciò che ci cambia sono le persone che incontriamo nella nostra vita e le interazioni con loro, le esperienze che facciamo, la cultura in cui viviamo, l'educazione che riceviamo, i contesti che abitiamo, le cose che leggiamo, i film che vediamo, a volte anche il semplice passare del tempo fa sì che cambiamo e, ultimo, ma non meno importante, la nostra propensione al cambiamento ed adattabilità.
C'è un altro fatto curioso: spesso cambiamo e non ci accorgiamo di essere cambiati finché magari qualcuno non ce lo fa notare (magari qualcuno che non vediamo o non sentiamo da parecchi anni): "Ti vedo cambiato, che ti è successo?". Come è possibile che a volte noi stessi non ci accorgiamo dei nostri cambiamenti? Succede sia perché spesso i nostri cambiamenti sono graduali, ma soprattutto perché cambia il modo in cui ci raccontiamo. Le certezze che ci costruiamo, i cambiamenti che facciamo vengono da noi abilmente inseriti nella trama che ci costruiamo, in maniera coerente con i personalissimi, principi, logiche, valori, modi di essere e di fare di un certo momento della nostra vita.

Il cambiamento, inteso anche come adattabilità e flessibilità, non solo è ciò che ci contraddistingue, ma è anche uno degli elementi che ci garantisce lo stare bene con noi stessi e con gli altri. Chiarirò quest'affermazione con un esempio (un po' estremo se volete, ma serve a rendere l'idea che voglio dare). Immaginiamoci mentre stiamo camminando. A un certo punto una macchina si accosta a noi e il conducente ci chiede un'indicazione per recarsi in un certo posto. La maggior parte delle volte, se conosciamo la strada, gli diamo le indicazioni richieste ed egli parte nella direzione da noi fornita. Ma cosa succederebbe se l'auto che ci si avvicina avesse a bordo delle armi (senza trattarsi di un'auto delle forze armate) e noi le notassimo? Probabilmente la nostra valutazione degli eventi cambierebbe, probabilmente penseremmo che la richiesta di indicazioni potrebbe essere solo un pretesto per commettere un atto sconsiderato ai nostri riguardi. Probabilmente alla luce di tale valutazione degli eventi, non daremmo l'indicazione all'automobilista, ma invece scapperemmo a gambe levate! Cosa è accaduto? Sulla base di un'interpretazione diversa dei fatti, abbiamo agito diversamente attuando un cambiamento e questo ci ha permesso di attuare un'azione utile per salvarci la pelle!
Quando lavoro con le persone che vengono in seduta mi accorgo che ciò che le fa stare male molto spesso è un'eccessiva rigidità di pensiero, pensiero che, pur essendosi rivelato utile in certe situazioni, si rivela poco adatto per altre e spesso queste persone soffrono, perché pensano di non essere in grado da sole di abbandonare un certo pensiero o un certo schema di comportamento. Volendo riprendere l'esempio precedente: è come se queste persone, trovandosi davanti all'automobilista armato, ignorassero il pericolo e rimanessero lo stesso a dargli indicazioni, perché per esperienza precedente hanno sempre agito così quando qualcuno chiedeva loro indicazioni stradali. Forse si renderebbero anche conto del pericolo, ma non si sentirebbero in grado di agire diversamente, perché non saprebbero quale altro comportamento più utile mettere in atto (nell'esempio precedente, la fuga). Una grande parte del lavoro psicologico e psicoterapeutico serve proprio a questo: a rendere in grado le persone di modificare, in maniera coerente con i loro valori, punti di vista, principi ed obiettivi, ciò che si rivela per loro poco utile, sostituendolo con un atteggiamento, un pensiero, un comportamento più utile per loro.

Forse qualcuno di voi a questo punto si starà chiedendo: "Ok, Elisa, mi stai forse dicendo che senza uno psicologo, se io voglio cambiare e non ne sono capace, non potrò mai riuscirci da solo?". No, non sto affermando questo. "E allora io se voglio provare a cambiare da solo, che cosa posso fare?". Inizia per prima cosa a pensare a cosa ti impedisce di agire diversamente. Quali altri vantaggi trai dal non cambiare? Una volta chiariti quelli, potresti accorgerti che tutto sommato non vale la pena cambiare perché  i vantaggi che ricevi dal non cambiare sono per te più importanti. Oppure potresti accorgerti che quei vantaggi ti sono di intralcio e allora forse è meglio non affezionarsi troppo ad essi. 
Poi considera che il tuo modo di pensare, fare e agire è soltanto uno dei tanti possibili in quella situazione, ma non l'unico possibile in assoluto. Cosa farebbero altre persone nella tua stessa situazione? Confrontati con altri. Nel farlo, troverai alcune risposte che forse ti piaceranno e che potrai fare tue e altre che non ti convinceranno, perché troppo lontane dal tuo modo di pensare. Se nemmeno una delle risposte che troverai ti piace, cerca ancora altre risposte. Ma se anche dopo molto cercare non trovi alcuna strategia utile, forse potrebbe essere l'indizio che i tuoi valori e le categorie con cui agisci e interpreti ciò che accade sono troppo rigidi per quella situazione e allora vanno un po' ammorbiditi, relativizzati, modificati. Come riuscirci?  Ricorda che ogni verità affermata senza compromessi presenta contorni sfumati. Inizia a pensare qual è il più piccolo cambiamento che ti permette di andare nella direzione da te auspicata. Una volta che l'hai individuato, mettilo in atto. Procedi allo stesso modo nei giorni successivi con piccoli cambiamenti progressivi. Non è facile fare tutto questo da soli, ma non è nemmeno impossibile. Buona fortuna!

Commenti o domande dopo la lettura dell'articolo? Li aspetto nei commenti qui sotto.
E tu? Qual è il più piccolo cambiamento che potresti fare per migliorare la tua vita? Sarò felice se vorrai condividerlo :)


(L'articolo è frutto di rielaborazioni personali di alcune riflessioni riportate sul libro "Psicologia clinica" di Alessandro Salvini, psicoterapeuta, docente e direttore scientifico delle Scuole di specializzazione in psicoterapia interazionista di Padova. Ringrazio lui e tutti i docenti e colleghi con i quali ho avuto interessanti conversazioni formative).

giovedì 15 gennaio 2015

L'arrivo di Giulia, ovvero: vediamo ciò che vogliamo vedere

Che cosa succede quando una psicologa pubblica sul proprio profilo personale di Facebook la notizia del tutto impersonale e non riferita a se stessa riguardo alla nascita di una bambina? E' proprio quello che è accaduto oggi a me, quando, felice per la nascita della mia nipotina, ho scritto la notizia in maniera un po' ambigua. Quali sono stati i risultati? E quali riflessioni psicologiche ci consente di fare questo avvenimento?
Scopriamolo insieme in questo articolo.




L'antefatto. Già da un paio di anni sono zia di un bambino simpatico, intelligente e vivace col quale mi diverto molto a fare la zia. Immaginate quindi la mia gioia quando la stessa mamma di questo mio nipotino mi ha comunicato un paio di mesi fa di essere incinta di nuovo! Tutti in famiglia eravamo impazienti di scoprire se si sarebbe trattato di un maschietto oppure di una femminuccia... e finalmente il giorno in cui si è scoperto il sesso è arrivato: si tratta di una bambina e si chiamerà Giulia, questo è il nome che hanno scelto i genitori per lei.

Il fatto. Felice di questa notizia e di scoprire come sarà fare la zia di una bambina stavolta, ho condiviso un post in cui scrivevo questa notizia, seguita da un in bocca al lupo al mio partner che in questo periodo sta sostenendo diversi colloqui di lavoro, esprimendo la mia felicità. Il post suonava così: "Ora finalmente si può dirlo: sarà una bambina, si chiamerà Giulia e arriverà a fine maggio se tutto va bene! Nel frattempo in bocca al lupo ad Ale per i suoi colloqui di lavoro - felice :)". Poiché ho diversi amici anche in Germania, la stessa notizia è stata riportata da me anche in lingua tedesca. Il post è stato pubblicato in orario di pausa pranzo (13.30).

Le reazioni. Tra i 405 amici che ho attualmente su Facebook, 51 di loro, tutti italiani, nel giro di cinque ore hanno cliccato su "mi piace", anche chi spesso non si palesa sulla mia bacheca. Ho ricevuto anche 25 commenti di congratulazioni e auguri e altri due commenti dove mi veniva chiesto se fossi io la persona incinta, anche in questo caso tutti commenti da persone italiane. Interessante notare che non ho ricevuto così tanti riscontri nè quando ho comunicato su Facebook che mi ero laureata, abilitata o iscritta alla scuola di specializzazione interattivo-cognitiva, eventi per me molto più importanti. Una reazione spropositata a mio avviso, considerando che non sarò io la mamma di Giulia.

Riflessioni. Probabilmente il modo in cui ho espresso il post era piuttosto ambiguo. Pensavo che la formulazione impersonale con il "si" ("si può dirlo") bastasse a scongiurare il rischio di fraintendimento (se fosse stato riferito a me, non avrei certamente utilizzato una formula così impersonale!), ma così non è stato. Interessante notare che chi si espresso con apprezzamenti e commenti ha poi totalmente ignorato la seconda notizia che davo, ovvero che il mio partner sta sostenendo dei colloqui di lavoro per cui gli faccio l'in bocca al lupo, così come è interessante notare che alcuni di coloro che si sono espressi mi hanno visto non più di 4-5 giorni fa e hanno comunque commentato facendo auguri e congratulazioni, ignorando sia la mia fisicità (è sempre la stessa, la mia consueta pancetta non è cresciuta di una virgola!) sia il fatto che notizie del genere io preferisco darle prima di persona se mi riguardano direttamente, non attraverso un social network. Sicuramente l'effetto virale di Facebook che tende a mettere in evidenza sulla home le notizie più apprezzate e più commentate ha fatto sì che i riscontri fossero stati così tanti e così maggiori rispetto al solito.
Curioso infine che soltanto i miei amici italiani abbiano commentato o cliccato sul tasto mi piace, ma non gli amici della Germania.
Che cosa ci dice tutto questo? In verità nulla di nuovo o di diverso rispetto a quanto già è risaputo, studiato, approfondito ed esplicitato sia da psicologi, ma anche da scrittori e filosofi: le parole, le frasi sono polisemiche, ovvero hanno più di un significato, ma noi spesso tendiamo a vedere soltanto il significato che riteniamo secondo noi più appropriato in un certo contesto, ignorando il fatto che ci mancano altri dettagli, altre informazioni. Sulla base di quello che crediamo di aver capito, la nostra mente completa inserendo automaticamente le informazioni mancanti, facendo inferenze e tirando conclusioni affrettate e spesso inesatte. Vale la pena chiedersi: perché in questa situazione molte persone hanno pensato che fossi io la persona incinta? Forse un po' perché, come già detto, la formulazione della mia frase era ambigua, forse anche perché molti di loro sono all'incirca miei coetanei, ovvero persone della fascia d'età tra i 25 e i 35 anni, alcuni dei quali genitori. E in questa fascia d'età ciò che la società si aspetta, specialmente se una persona è impegnata sentimentalmente con qualcuno, è che vengano generati dei figli. Altri forse sulla scia della propria esperienza di neogenitori e guardando a tale realtà che in questo momento della loro vita rappresenta una fetta importante di ciò che per loro riveste un grande significato, hanno ritenuto plausibile che questo loro modo di dare senso alla propria vita potesse automaticamente avere senso anche per me, inferendo forse un mio desiderio di maternità, peraltro mai esplicitato da me in nessun contesto, nè verbale nè virtuale. Altri ancora non sono genitori, ma forse potrebbero essersi pensati in questo ruolo o aver riflettuto sulla questione di diventare o meno genitori, ecco perché hanno ritenuto plausibile che fossi io a diventare mamma.
Aggiungiamoci anche il fatto che ormai è molto diffusa la pratica di dare queste notizie delle proprie gravidanze su Facebook ed ecco che così il fraintendimento avviene.
La reazione così partecipata per la notizia di una nascita di un bambino rispetto alla reazione molto minore del fatto di essersi laureati o di aver intrapreso un certo percorso professionale ci comunicano quanto la famiglia sia ancora un riferimento centrale ed importante per molti italiani e questo probabilmente è legato alle nostre radici biologiche (riprodursi è un fatto naturale e necessario per portare avanti la specie), sociali e culturali: siamo intrisi di riferimenti religiosi cristiani più di quanto siamo disposti ad ammettere e il fatto che la famiglia è ritenuta la cellula primaria della società è opinione socialmente accettata, riconosciuta e portata avanti dai più.
Infine il fatto che io sia stata così precisa nel riportare il termine della gravidanza e il nome della bambina potrebbe avere ulteriormente contribuito a rendere plausibile l'idea che fossi io la madre, proprio per i dettagli così precisi, trascurando il fatto che i dettagli precisi si possono ottenere anche da una persona a noi vicina, come in questo caso era una persona molto vicina a me la madre di questa bambina.

A questo punto viene da chiedersi quali potrebbero essere i processi psicologici sottostanti all'inferire un unico significato da messaggi ambigui come quello che ho scritto io? Io ne ho ipotizzati alcuni che sono fenomeni piuttosto noti in psicologia sociale:
-errore fondamentale di attribuzione: si sopravvaluta il ruolo dell'attore e si sottovalutano gli elementi situazionali. Nel caso da me qui riportato: tutti hanno pensato che la mamma fossi io (attore) e pochissimi si sono chiesti quale situazione facesse da contorno alla notizia;
-falso consenso: è la tendenza degli individui a considerare comuni anche ad altre persone i propri comportamenti, atteggiamenti e credenze. Nel nostro esempio: chi ha figli o ne vorrebbe avere ha ritenuto plausibile estendere anche a me l'idea che io volessi figli e che quindi fossi io la persona incinta;
-teoria degli argomenti persuasivi e teoria del confronto sociale: se in una discussione la maggior parte dei presenti porta avanti una certa convinzione, gli altri, anche gli incerti, li seguono per conformismo e per non risultare devianti, con la stigmatizzazione che comporta il fatto di venire riconosciuti come devianti. Nel nostro esempio: dopo che alcune persone hanno iniziato a commentare con auguri e congratulazioni, tanti altri si sono autorizzati a fare altrettanto visto che la maggioranza si comportava così (si veda anche l'esperimento di Asch sul conformismo: quando viene proposto a un partecipante a un esperimento di indicare quale delle tre linee corrisponde a una linea campione, se altri membri del gruppo complici dello sperimentatore indicano una linea sbagliata e palesemente non corrispondente, il partecipante fa lo stesso e segue la maggioranza);
-salienza percettiva: un'informazione nuova e a nostro avviso importante attira l'attenzione. Nel nostro esempio, si trattava di una notizia del tutto nuova e la salienza è stata data anche dal senso e dalle convinzioni che ciascuno ha attribuito al mio enunciato. Tutti hanno ignorato l'informazione relativa ai colloqui di lavoro di mio marito, segno che non era per loro saliente rispetto alla notizia della gravidanza.

Infine viene da chiedersi: come mai nessuno dei miei amici in Germania si espresso su tale notizia, nè con commenti nè con mi piace? Conoscendo un po' il comportamento che si tiene in Germania, potrei ipotizzare che non hanno ancora letto il mio status in quanto in Germania quasi nessuno apre Facebook durante l'orario di lavoro: vi è l'idea che questo consente di aumentare l'efficienza e la produttività. Chi abita in Germania di solito preferisce fare meno ore di lavoro ma fatte bene, piuttosto che stare diverse ore al lavoro perdendo però tempo sui social network. Per loro il tempo libero viene dopo il lavoro e non si mischiano assolutamente le due cose. Oppure potrei ipotizzare che hanno visto solo la parte del post in italiano e non l'hanno scorso tutto per arrivare a leggere anche la traduzione tedesca.

Conclusioni. Forse varrebbe la pena, quando ci troviamo davanti a un messaggio ambiguo, ipotizzare quali significati potrebbe avere, non fermandoci al primo significato plausibile che ci viene in mente e non dando per scontato che un significato che vale per noi valga anche allo stesso modo per tutti; e se non abbiamo chiaro qualcosa, prima di fare inferenze, sarebbe opportuno chiedere al diretto interessato e attendere la sua risposta. Ma il problema di fondo è: quanto siamo capaci di riconoscere un messaggio ambiguo? Forse molti leggono sistematicamente i post e le notizie in generale con poca attenzione e dando per scontato che le parole e le frasi siano sempre a senso unico (ovvero il senso che vale per chi legge) e questo secondo me è un vero peccato, perché ci fa perdere di vista la bellezza delle interazioni con chi la pensa diversamente da noi e con chi orienta la propria vita secondo principi e valori diversi. Così, venendo meno il confronto, viene meno anche l'arricchimento personale. Il mio suggerimento è allora di cercare di andare oltre ciò che sembra scontato, di approfondire e di confrontarsi, soprattutto con chi la pensa e ha obiettivi di vita differente dai propri.



Riferimenti bibliografici: A. Zamperini, I. Testoni (2002) Psicologia sociale. Einaudi.