lunedì 5 settembre 2016

Cosa ci insegnano gli atleti olimpici? (seconda parte)

Nello scorso articolo (Cosa ci insegnano gli atleti olimpici?) ho riportato alcune storie di atleti olimpici con l’obiettivo di far comprendere come esse e come lo sport più in generale possono fornirci insegnamenti e spunti utili anche per la vita di tutti i giorni, in altri ambiti, per condurre una vita migliore, all’insegna del benessere. Abbiamo osservato storie di passione, di impegno, di orientamento all’obiettivo, di perseveranza nonostante le difficoltà. 
Oggi attraverso altre storie di atleti olimpici parleremo di opportunità per realizzarsi, di gioco corretto (fair play), di superamento delle barriere, di dare il massimo, di conoscere se stessi, superando i propri limiti. 

1)Opportunità per realizzarsi: Maryan Nuh Muse, atleta somala, è arrivata alle Olimpiadi per correre e per gareggiare con altre atlete: questo sembrerebbe scontato e naturale (del resto, alle Olimpiadi si va proprio per gareggiare con altri atleti provenienti da tutto il mondo), ma per Maryan non è affatto scontato. Pare, infatti, che lei sia l’unica atleta donna somala che ha potuto partecipare alle Olimpiadi. In Somalia, a causa delle condizioni politiche, economiche e culturali che non consentono alle donne di emanciparsi completamente, non è facile poter praticare sport ed allenarsi ad alti livelli, soprattutto se si appartiene al genere femminile. 
Maryan (nella foto a destra) è arrivata alle Olimpiadi e già questo è per lei motivo di orgoglio e un’occasione per realizzarsi, nonostante le difficoltà che incontra nel suo Paese di origine, ma c’è di più: Maryan raccoglie l’eredità ed ha come fonte di ispirazione Samia, un’altra atleta somala che come lei vedeva nella corsa e nello sport un’opportunità per realizzarsi ed emanciparsi. Samia è purtroppo tragicamente deceduta nel mar Mediterraneo, durante una traversata a bordo di un gommone che avrebbe dovuto condurla in Europa. Non è chiaro se il viaggio in mare di Samia fosse legato al desiderio di sfuggire alle condizioni economiche e politiche del suo Paese di origine oppure se si trattasse di un viaggio legato allo sport, per allenarsi nelle migliori strutture sportive europee e per partecipare alle gare olimpiche di Londra del 2012. In ogni caso, Maryan fa tesoro dell’esperienza di Samia e oggi, preparata dallo stesso allenatore della sua compatriota, scorgiamo in lei lo stesso modo di correre, oltre che una notevole somiglianza fisica, ma soprattutto troviamo in lei la stessa voglia di autorealizzarsi attraverso lo sport.

Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Una volta che scopriamo un’attività che ci piace e per cui siamo portati, cerchiamo di fare di tutto per realizzarci completamente con essa, anche se le condizioni del nostro ambiente sono sfavorevoli. Cerchiamo anche di non sottovalutare le possibili conseguenze di un’azione molto rischiosa. Può tornare utile a tal proposito immaginare possibili scenari futuri, cercando di anticiparne alcuni possibili risultati. Immaginare tutto ciò ci permette di arrivare più preparati e di affrontare meglio le difficoltà.

2)  Gioco corretto, secondo le regole (fair play): quest’anno alle Olimpiadi di Rio l’intera squadra di atletica russa è stata esclusa dai giochi per doping. Fare uso di sostanze in grado di aumentare chimicamente le proprie prestazioni è scorretto e non equo, rispetto a chi si allena senza far uso di tali sostanze. i risultati del test antidoping erano positivi per alcuni atleti russi, inoltre altri atleti avevano rifiutato di sottoporsi ai controlli ed altri ancora avevano cercato di falsare il test, procurandosi urine pulite altrui e spacciandole come proprie. Per tutte queste ragioni l’Associazione Internazionale delle federazioni atletiche (IAAF) ha deciso di squalificare l’intera squadra di atletica russa. Tale esclusione dei giochi ha suscitato varie polemiche da parte di atleti russi in regola e da parte del governo. La decisione della IAAF è conseguente anche al fatto che erano state fornite scrupolose linee guida riguardo al doping, ma sono state completamente ignorate da molti atleti russi, inoltre troppi episodi sospetti si sono accavallati. Certo, dispiace per gli atleti russi che non hanno fatto uso di sostanze e che ci hanno dovuto rimettere, non potendo partecipare, ma si spera che quanto accaduto possa essere considerata un’occasione per riflettere e un modo per disincentivare l’uso di sostanze dopanti.
Quale insegnamento possiamo trarre per noi? E’ meglio evitare scorciatoie e modi che ci permettono di raggiungere risultati in maniera apparentemente più facile. Seguire le regole è un modo per rispettare se stessi e gli altri. Prima o poi i nodi vengono al pettine e a quel punto chi ci rimetterà sarà sia chi non ha rispettato le regole, sia chi non si è adoperato per farle rispettare. Chi rimane in silenzio, nonostante sia in regola, spesso contribuisce al mantenimento del problema proprio perché non si esprime.

   3) Superamento delle barriere: lo sport unisce popoli e nazioni, supera le differenze religiose, culturali, di genere e di razza. In campo non conta da dove vieni o in cosa credi, conta invece il cercare di fare del proprio meglio, nel rispetto degli altri e delle regole. 
    Alle Olimpiadi di Rio troviamo esempi di questo atteggiamento, ma anche del suo contrario. Da un lato il judoka egiziano Islam El Shehaby ha rifiutato di stringere la mano all’avversario israeliano che l’ha battuto, Or Sasson (foto a destra): questo ha fatto sì che El Shehaby fosse pesantemente sanzionato, poiché il gesto è stato considerato antisportivo e contrario allo spirito di amicizia presente nei valori olimpici; anche questo ci ricorda che il rispetto per l’avversario e per la sua provenienza fa parte delle regole da rispettare di cui parlavo al punto 2.  
   Dall’altro lato troviamo invece un bel gesto tra due atlete di differenti provenienze: la neozelandese Nikki Hamblin e l’americana Abbey D’Agostino. Abbey è caduta durante le corse di qualificazione dei 5000 metri e ha accusato grande dolore e fatica ad alzarsi. Nikki l’aveva appena superata, ma vedendola sofferente e in difficoltà ad alzarsi, è tornata indietro per aiutarla, sostenerla e incoraggiarla a riprendere la gara. Entrambe le atlete, nonostante il tempo perso per la caduta, sono riuscite poi a recuperare e a qualificarsi entrambe per le finali.


Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Potremmo utilizzare l’esempio di Abbey e Nikki come spunto di riflessione e chiederci come incentivare la comunicazione e cooperazioni tra popoli, come favorire l’integrazione tra persone provenienti da zone e culture diverse. La società in cui viviamo oggi è sempre più multietnica e sempre più multiculturale e lo sarà anche in futuro: come possiamo meglio comprendere chi viene da altri luoghi? Cosa possiamo offrire per aiutare gli stranieri ad ambientarsi? Ed essi cosa possono fare per riuscire a vivere meglio in un luogo sconosciuto che non è la loro patria?

  4) Dare il massimo: quando si gareggia la voglia di vincere è tanta. Lo sa bene Shaunae Miller, atleta delle Bahamas, che nella corsa dei 400 metri piani ha superato l’avversaria letteralmente tuffandosi sulla linea del traguardo. La regola, infatti, stabilisce come vincitore l’atleta che supera la linea del traguardo con qualsiasi parte del corpo: Shaunae ha preso alla lettera la regola, adottando una soluzione creativa che le è valsa la medaglia d’oro con distacco di soli 7 centesimi di secondo dalla seconda arrivata.
Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Occorre persistere e dare il massimo per ottenere i migliori risultati. Qualche volta adottare soluzioni creative che contraddistinguono noi e ciò che facciamo può essere la via vincente che porta al successo.

5)  Conoscere se stessi, superando i propri limiti: Conosci te stesso” è una massima presente fin dall’epoca della Grecia antica. Applicata al mondo dello sport, assume due significati: porre attenzione costante al proprio fisico e al proprio allenamento e conoscere le proprie condizioni psicologiche per arrivare alla gara preparati al meglio dal punto di vista fisico e mentale. Lo sanno bene Tania Cagnotto e Francesca Dallapè, tuffatrici che alle Olimpiadi di Rio hanno ottenuto la medeglia d’argento nei tuffi sincronizzati dal trampolino di 3 metri. 
Per sbagliare un tuffo basta poco: basta mettere male anche solo un piede o una mano, basta sbagliare anche di poco lo slancio o la forza messa nella rotazione. La cosa si complica se occorre realizzare un tuffo in sincronia con un compagno di squadra: tempi e movimenti lì devono essere coordinati alla perfezione. Per eseguire un tuffo sincronizzato perfetto serve dunque un duro e lungo allenamento, sia fisico che mentale. 


Sia Tania sia Francesca hanno affermato in alcune interviste che per la loro preparazione mentale si avvalgono di uno psicologo dello sport. Francesca ha raccontato: Ci sono due tipi di paura, quella fisica che devi superare da piccola quando impari un tuffo nuovo e prendi una panciata o una schienata. Mica un piacere. E quella psicologica ad alto livello, che è paura soprattutto di fallire: contro la seconda nel 2007 ho chiesto aiuto a uno psicologo dello sport. Tendevo ad arrivare troppo carica in gara, senza riuscire a tenere in equilibrio adrenalina e concentrazione, volevo sempre spaccare il mondo e finivo per sbagliare. Ora mi sento più sicura.Ho imparato a esercitare controllo e soprattutto ad accettare l’errore”.

Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Conoscere se stessi e l’ambiente che ci circonda permettono di capire quali soluzioni possiamo trovare per risolvere la nostra situazione e quali risorse mettere in campo per adattarci. L’impegno per conoscere se stessi è costante e qualora da soli non riusciamo a perseguire i nostri propositi di conoscenza e di adattamento a ciò che il nostro ambiente ci impone, è possibile avvalersi della consulenza di un professionista psicologo, che può permetterci di conoscerci meglio, di comprendere cosa ci spinge a reagire in un modo poco utile in una certa situazione, che ci permette di far emergere le nostre risorse e di trovare soluzioni nuove ai nostri problemi.

Si conclude qui l’articolo sugli insegnamenti degli atleti olimpici. Se vi va, fatemi sapere nei commenti quali altri insegnamenti secondo voi si possono trarre da queste storie e quale storia vi ha colpito o vi è piaciuta di più.

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