martedì 27 maggio 2014

Tra moglie e marito: così lontani, eppure così vicini

Oggi vi racconto una breve discussione tra due giovani sposi di cui sono stata testimone, sperando che possa dare a tutti i lettori qualche utile spunto per riflettere sulle discussioni tra moglie e marito. Commento questa storia nello specifico, da cui ognuno potrà trarre anche delle considerazioni generali sulle discussioni e sui rapporti di coppia.




Lui: "Questi due primi anni di matrimonio me li sarei aspettati più spensierati, come lo eravamo da fidanzati, non con discussioni periodiche (per fortuna non tutti i giorni!). Mi aspettavo che, se ci fossero state delle discussioni tra noi, sarebbero avvenute più avanti! A volte mi guardo intorno e mi sembra che le altre coppie di sposi siano più felici di noi e che chi ci guarda dall'esterno tutto sommato vedendoci direbbe che a noi non manca niente... Il nostro problema? Siamo entrambe persone testarde e ambiziose, non ci accontentiamo di poco o di quello che abbiamo, che comunque non è poco... Non sarà che siamo noi a costruirci i nostri problemi, mentre invece dovremmo cercare di vivere più serenamente?".
Lei: "Mio marito fa la sue scelte di vita scegliendo sempre la via più ragionevole, mentre io... bè io penso che la strada della razionalità non sempre è la migliore, la vita non è fatta solo di bilanci razionali, ma di affetti, di momenti condivisi e di passioni. Questa diversità di prospettiva è spesso motivo di discussione tra noi. E, parlando di passioni, un mio problema è che vivo sospesa tra il desiderio di stare vicina a mio marito e la passione per il mio lavoro, nel quale do tutta me stessa; mi sembra però che a volte le due cose siano inconciliabili e se facessi una scelta, sarebbe a scapito dell'altra. Se scelgo lui, potrei avere più difficoltà con il mio lavoro, se scelgo il lavoro potrebbe anche allontanarmi da lui... qualunque cosa scelga, finisco comunque per tradire una parte di me e questo non mi piace! Un altro mio difetto è che forse pretendo troppo da me stessa e quando nel lavoro non ottengo i risultati che vorrei, finisco per sfogarmi con mio marito e inizio a discutere con lui sulle scelte fatte e sulle scelte future...".

Commenti. A entrambi dico queste cose: La cosa più bella delle vostre parole è che parlate riferendovi spesso al "noi": segno che per voi la coppia è parte fondamentale del vostro essere, che non pensate più come entità singola ma come "noi". E' lo spirito giusto per affrontare questo momento di impasse! Inoltre siete disposti entrambi a uscirne e a mettervi in gioco per farlo, come dimostra il fatto che discutete il problema tra di voi ed eventualmente ne parlate anche con persone esterne. Questa è un'altra ottima premessa affinchè la situazione migliori.
A lui nello specifico dico: 1) hai fatto una scoperta importante: nella vita non sempre le cose vanno come ci si aspetta, fattene una ragione... benvenuto nel club.
2) Le discussioni solitamente avvengono quando si ha un argomento che ci sta a cuore da condividere con l'altro, ma su cui i pareri di entrambi sono contrastanti. In realtà, se svolte pacificamente, lasciando parlare l'altro, esponendo a propria volta i propri dubbi e lasciando da parte chiusure e nervosismi, le discussioni possono essere una buona opportunità e risorsa per condividere difficoltà e paure e per affrontarle insieme. E la coppia ne esce rafforzata. Iniziamo a vedere nei problemi anche delle risorse, non guardiamoli soltanto con pessimismo! Voi mi pare che riusciate a farlo e su questo siete sicuramente più avanti di altre coppie che ho incontrato. Da questo punto di vista, anch'io se vi guardo dall'esterno dico che non vi manca niente! Avete tutte le risorse per superare questo momento di impasse.
3) Sembra che la logica del confronto sia piuttosto pregnante nello svolgere i tuoi discorsi e che soffri un po' della sindrome che io chiamo "la sindrome dell'erba del vicino". Conoscete tutti il proverbio: "l'erba del vicino è sempre più verde"? E scommetto che avete anche sentito dire: "I panni sporchi si lavano in casa". Tutto questo per dire che, solo perché non lo danno a vedere, non è detto che le altre coppie non abbiano dei problemi, anzi di sicuro ce li hanno, ma non ne parlano con chiunque... Un po' come quando si chiede a qualcuno: "Come va?" e questo risponde: "Bene, grazie". Magari va tutto male, ma non ne vuole parlare con voi, quindi preferisce chiudere il discorso con una risposta che non porta ulteriori domande da parte vostra.  Noi spesso vediamo degli altri solo la facciata che mostrano e confondiamo la finta felicità esibita per felicità reale, per questo finiamo per essere un po' invidiosi e desideriamo avere la felicità che sembra abbiano loro. Un esercizio utile che ti consiglio è provare a fare un tipo di confronto diverso: inizia a osservare gli altri facendo solo attenzione ai loro insuccessi e alle loro infelicità. Scoprirai cose molto interessanti.
Un altro tipo di confronto che utilizzi è: "quando eravamo fidanzati" vs "ora che siamo sposati", contrapponendo la spensieratezza di allora, che ti piaceva, alla pesantezza delle discussioni attuali. Oltre a ciò che ho già scritto in precedenti articoli (non possiamo sperare di rimanere tutta la vita uguali a noi stessi, nè che la relazione rimanga sempre uguale a se stessa, perché noi evolviamo continuamente), chiariamo una cosa: che lo si voglia o no, quando ci si sposa cambia qualcosa. Soprattutto se prima non si ha avuto occasione di convivere, ci si accorge che quando si vive insieme si ha a che fare col bilancio da fare quadrare a fine mese, la spesa e i lavori di casa da fare (non è più mammina che ce li fa, come quando abitavamo con i genitori!) e poi, quando arrivano i figli (anche se nel vostro caso ancora non ci sono), si avrà a che fare con la routine legata alla crescita dei piccoli. Una casa, un matrimonio, dei figli comportano necessariamente delle responsabilità in più e chi non è disposto ad accettare questo farebbe una scelta più saggia se decidesse di non sposarsi. Il processo stesso del diventare adulti comporta delle responsabilità. Sapendo questo, voi cosa scegliete? Restare eternamente fanciulli, cullati dall'amore di mamma e papà, oppure fare autonomamente le vostre scelte, accollandovene ogni responsabilità? E responsabilità significa anche che se ci sono dei problemi o delle questioni da chiarire, se ne parla e se ne discute. 
Ho mostrato finora il lato più impegnativo di un impegno di lunga durata con qualcuno. Ma c'è anche una buona notizia: la spensieratezza di quando si era più giovani non è perduta per sempre! Il mondo non è bianco o nero: ci sono sfumature in mezzo. Avete avuto la fortuna in precedenza di aver già assaporato quella spensieretezza, ora si tratta solo di recuperarla: cosa facevate di spensierato quando eravate più giovani? Ripensate a quei momenti e ricreateli! Può essere utile anche crearne di nuovi, per esempio, attraverso gite, cene a lume di candela e tutto ciò che abbia l'obiettivo di prendervi del tempo solo per voi due. Per riuscire ad assaporare al massimo questi momenti per voi, però, è necessario prima mettersi alle spalle il problema. Se non superandolo del tutto, almeno cercando di metterlo tra parentesi per la durata del "momento spensierato". La messa tra parentesi può riuscire per esempio attuando quella che in gergo psicologico chiamiamo "pratica di esteriorizzazione". L'esteriorizzazione consiste nel trattare il problema (da lui individuato in questo caso nell'ambizione e testardaggine di entrambi) come se fosse una persona reale, con un volto e un corpo. Una volta fatto questo si immagina di far sedere il problema nella poltrona vicino a noi, e rivolgendoci direttamente al problema, si dice a voce alta: "Cara ambizione, cara testardaggine (o qualsiasi altro problema del caso), io vi ringrazio, perché fino ad oggi mi avete fatto ottenere un sacco di cose positive (in questo caso ad esempio è lecito immaginare che questi due elementi siano stati utili a raggiungere una certa posizione lavorativa, una certa sicurezza economica, certi risultati sperati, la capacità di rialzarsi dopo una sconfitta) che senza di voi non sarebbero state possibili; in questo momento però, mentre sto con mia moglie, non ho più bisogno di voi. Ora che so che posso controllarvi, vi richiamerò io ogni qualvolta avrò bisogno di voi (ad esempio in questo caso nel lavoro)".
Va detto anche che ogni età ha i suoi specifici problemi: da adolescenti il problema è di emanciparsi dai genitori e capire chi siamo e cosa vogliamo dalla vita, successivamente il problema è ritagliarsi un proprio spazio dove potersi sperimentare; andando più avanti ancora, attorno ai 30 anni, il problema diffuso è quello di costruirsi qualcosa: una posizione lavorativa/sociale, una relazione, una famiglia, una casa (e voi vi trovate in questa fase); sulla quarantina il problema dell'educazione dei figli diventa pregnante; a 50-60anni si inizia a guardarsi indietro e fare un bilancio delle scelte fatte in passato... Non siete nè la prima nè l'ultima coppia che sperimenta la difficoltà nel costruirsi una posizione e a trovare un equilibrio tra ambizioni lavorative e relazione coniugale.

4) Parlando di problema, visto che esso è stato menzionato da entrambi, importantissimo nel lavoro terapeutico è rilevare, sia con i singoli, sia con le coppie la teoria sul problema, perché è quella su cui poi si andrà a lavorare. Nel nostro caso, entrambi hanno una teoria sul problema ben chiara e definita: lui parla di ambizione e testardaggine di entrambi, lei parla diversità di prospettiva, di scelte inconciliabili e del difetto di pretendere troppo da se stessa. Nel lavoro con le coppie, può essere utile mettere a confronto queste due teorie sul problema e vedere quali aspetti hanno in comune. Verosimilmente, gli aspetti in comune saranno quelli su cui è più facile lavorare, perché vi accordo tra i due partners. Dai due racconti qui emerge chiaramente che entrambi hanno elevate aspettative nei confronti di se stessi, del lavoro e della relazione, che non si accontentano facilmente, anche se quello che hanno raggiunto finora, come dice lui, non è poco.
5) Siamo noi a costruirci i nostri problemi? L'esperienza mi dice che il più delle volte è proprio così. Non solo: trattandosi di un problema di coppia, non è il problema solo di uno, ma è una realtà problematica sancita da entrambi con delle modalità e delle retoriche che sono poco utili da entrambi i lati (la retorica del confronto, la retorica dell' "erba del vicino", la nostalgia del passato di lui, una certa rigidità di pensiero di entrambi, l'immobilità di lei sospesa tra due scelte che le pesa, le aspettative elevate verso se stessa, ma in definitiva anche verso la relazione). Se il problema fosse solo di uno dei due, l'altro non avrebbe difficoltà a tirarsene fuori o a trovare una soluzione o un nuovo adattamento, più utile per l'equilibrio della coppia.

Veniamo ora a lei:
6) Anche tu utilizzi molto la retorica del confronto (altra cosa in comune col marito) che stavolta non è un confronto con gli altri, nè col passato come nel caso di lui, ma proprio un confronto col marito ("mio marito... mentre io..."): ti rendi conto che su alcuni aspetti la pensate in modo diverso e questa cosa probabilmente ti pesa, come anche sembra che ti pesi il fatto stesso di discutere con tuo marito. Anche in questo siete simili: come abbiamo visto prima, anche lui voleva un matrimonio privo di discussioni. Nel suo caso prevaleva però la nostalgia per il passato, nel tuo caso cerchiamo di capirlo attraverso le tue parole: come tu stessa hai detto, vivi di affetti, di momenti condivisi... Tutte cose che mi fanno venire in mente la famiglia del Mulino Bianco, dove tutto è in armonia, tutti vanno d'accordo, mai una lite, mai una discussione... Chiediti allora: che cosa accadrebbe di brutto se quest'armonia andasse perduta? E' idea molto diffusa che se non c'è armonia, la relazione si spezza. E' questa paura di perdere la relazione che porta probabilmente alla tua immobilità e difficoltà a scegliere. Tieni però sempre presente una cosa: in fin dei conti, anche l'immobilità è una scelta, seppur non del tutto consapevole, una scelta che permette di tenere insieme entrambe le due opzioni (e quindi di "non dover rinunciare a una parte di te"), che altrimenti ti appaiono inconciliabili. Ma è davvero doveroso sceglierne una a scapito dell'altra? Siamo proprio sicuri che appena scelta una, l'altra si escluda automaticamente? E da che cosa lo deduci? Spesso la soluzione sta nel guardare i problemi da un'altra prospettiva, quindi non più nella chiave da te proposta: scegliere vs non scegliere, oppure scelgo l'uno vs scelgo l'altro. Capire quale potrebbe essere una diversa prospettiva richiede un lavoro più approfondito che mi è impossibile fare qui per iscritto.
7) "se scelgo il lavoro potrei perdere lui, se scelgo lui potrei avere difficoltà nel lavoro": non a caso prima ho parlato di paura. Qui il verbo potere utilizzato al condizionale conferma la paura di perdere l'una o l'altra cosa qualora tu dovessi compiere una delle due scelte. Potresti sì, ma potrebbe anche darsi di no. A priori non lo puoi sapere. A questo punto potresti rispondermi: "Sì, ok, ma non mi va di rischiare per scoprirlo". Allora forse il problema non sta nello scegliere l'una o l'altra opzione, quanto piuttosto invece nell'affrontare il rischio. E' un problema di insicurezza: se rischi che cosa temi di perdere? E se non rischi cosa guadagni? L'insicurezza è confermata peraltro dal fatto che quando il tuo lavoro viene messo in discussione e  non raggiungi i risultati attesi dove vai a lamentarti? Da tuo marito, che è il tuo porto sicuro: la persona con cui sai che puoi sfogarti in libertà, perché lui ti accetta così come sei, perché è tuo marito, se no non ti avrebbe sposato. Con lui ti senti sicura, come ti senti sicura quando padroneggi al meglio il lavoro. Sarebbe utile che il marito sospendesse le rassicurazioni, perché anch'esse mantengono il problema.
E quando parli di difficoltà, si tratta di difficoltà in qualche modo superabili? Che faresti di fronte a queste difficoltà se dovessi incontrarle? Hai già vissuto situazioni simili in passato, dove sei riuscita a superare con successo le difficoltà? Se sì, ripensa come hai fatto allora: quella strategia potrebbe tornarti utile anche in questo caso. Tieni presente che le difficoltà nella vita ci saranno sempre. Pensare di non averle è tanto utopico quanto l'idea tua e di tuo marito che possano esistere matrimoni senza discussioni!
8) "un altro mio difetto: pretendo troppo da me stessa e non ottengo i risultati che vorrei": è forte l'autocolpevolizzazione, perché lo vedi come un difetto (presente anche prima dove dicevi "un mio problema è che vivo sospesa...": e pensa che il vivere sospesi senza mai sbilanciarsi nel fare una scelta è una condizione esistenziale fortemente voluta da alcuni perché non vincolante!). Ma siamo sicuri che se non raggiungi i risultati sperati sia davvero da attribuire a te la colpa e non a una situazione oggettivamente complicata? Per scoprirlo, chiediti come l'avrebbe gestita qualcun'altro al posto tuo. Sarebbe riuscito meglio o peggio? Se rispondi "Penso che l'avrebbe gestita nel mio stesso modo o peggio" probabilmente l'insuccesso è da attribuire principalmente alla situazione. Se dici che forse sarebbe riuscito meglio, chiediti in che modo avrebbe saputo fare meglio di te, con quali risorse? Potrebbe essere utile anche a te acquisire queste risorse per fronteggiare meglio le sfide lavorative che di giorno in giorno si presentano.
Va ricordato che è utile vedere nel problema una risorsa e sicuramente questo pretendere molto da te stessa, come nel caso dell'ambizione di tuo marito, ti ha portato a raggiungere risultati e successi importanti che altrimenti non avresti ottenuto. Fai mente locale dei tuoi successi. Anche per te è utile l'esercizio di esternalizzazione sopra consigliato.
Un'altra nota: le aspettative spesso ci ingabbiano, soprattutto quando sono molto elevate, perché se sono molto elevate e sopra la nostra portata è facile che non si realizzino, e questa non realizzazione si ripercuote negativamente su di noi, spesso facendoci sentire come delle persone incapaci. Ma il problema non è che  siamo incapaci, ma che avevamo delle aspettative troppo elevate!
Infine, se ti riconosci come problema il fatto di pretendere troppo da te stessa, è utile che tu inizi a immaginare come potresti comportarti come se questo problema non lo avessi. Cosa faresti tu se pretendessi meno da te stessa? Come ti muoveresti, come ti vestiresti, come parleresti e come penseresti? Visualìzzati in questa nuova veste e poi metti in atto quello che hai immaginato.
9) discutere con il marito quando le cose vanno male al lavoro è una "tentata soluzione disfunzionale" (uso il gergo della scuola strategica). E' utile in questo caso "prescrivere il sintomo": discuti con tuo marito categoricamente ogni giorno, per 20 minuti esatti, non un minuto di più e non un minuto di meno, sia che le cose al lavoro vadano bene, sia che le cose vadano male. Se hai delle cose in più da dire che non stanno dentro i 20 minuti, rimandale al giorno dopo, è importante non sforare i tempi. Facendo questo esercizio scoprirai delle cose interessanti.

Conclusioni.

Le discussioni fanno sembrare due persone più lontane, perché apparentemente sembra che nella diversità di opinioni non ci possa essere un incontro. Invece, come abbiamo visto, pur nella diversità di opinioni, si possono rintracciare obiettivi comuni (discutiamo per trovare una soluzione insieme al problema) e perfino processi mentali simili o speculari che interagendo tra loro alimentano il problema. In questo senso e nella voglia di mantenere viva la relazione essi sono però anche vicini: se non tenessero minimamente alla loro relazione, probabilmente avrebbero già preso entrambi strade diverse, ognuno seguendo le proprie ambizioni.
Grazie a chi mi ha seguito fin qui nella lettura, spero che da questa storia abbiate tratto spunti interessanti per voi e capito qual è il mio modo di fare terapia. Vi sarà chiaro, dopo tutte queste righe, che uno psicoterapeuta degno di questo nome deve prima di tutto riuscire a dire molto su poche cose, su pochi indizi che gli vengono forniti. E la capacità di anticipazione è altrettanto fondamentale e utile per prevedere possibili implicazioni e scenari e immaginare di conseguenza anche in anticipo mosse di risoluzione strategica del problema.

2 commenti:

  1. Che bellissimo articolo :) Ha saputo dare un perfetto affresco delle paure, delle incertezze che la coppia sta vivendo e di come lei stia lavorando per dar loro nuove letture e punti di vista che possono stimolarli a vedere la loro relazione sotto una nuova luce :) Mi è piaciuta tanto la sua osservazione iniziale riguardo all'utilizzo del "noi" da parte dei coniugi per riferirsi a loro come coppia :) anche secondo me costituisce una buona base di partenza , un ottimo presupposto per cominciare il lavoro terapeutico :) Le auguro un buon lavoro e un augurio di rinnovata felicità alla coppia :) Complimenti ancora per la sua originalità nel presentare e nell'esporre i frutti del suo lavoro :)

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    1. Grazie per il feedback, riguardo all'uso del "noi" è importante sottolinearlo in questo caso perché spesso le persone perdono di vista gli aspetti che ancora vanno bene della loro vita, privilegiando l'osservazione di quelli che non vanno, ed è importante rimandarglielo ai fini del recupero di una migliore relazione e di un cambiamento.

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