giovedì 25 agosto 2016

Cosa ci insegnano gli atleti olimpici? (prima parte)


Le Olimpiadi di Rio 2016 si sono da poco concluse. Ogni quattro anni si rinnova quest'evento in cui i migliori atleti dei cinque continenti si sfidano in competizioni sportive in varie discipline. Per arrivare a livelli sportivi cosí elevati occorrono predisposizione fisica, passione, impegno, disciplina, costanza, resistenza ed altri elementi. Di seguito vedremo quali e in che modo gli insegnamenti delle atleti olimpici possono tornarci utili nella vita di tutti i giorni e aiutarci a condurre una vita all'insegna di un maggior benessere. Osserveremo questi insegnamenti traendoli anche dalle storie di alcuni atleti.

1) Passione: tutti i grandi atleti sono accomunati da una grande passione per lo sport che praticano. Lo amano cosí profondamente da farne, col tempo, uno degli obiettivi e ragioni che danno senso alla propria vita. Come inizia questa passione? Generalmente da bambini. È il caso, per esempio, di Carlo Senorer, classe 1943, campione di sci e vincitore di numerose gare di slalom gigante, slalom speciale e discesa libera. Negli anni Sessanta partecipó anche alle Olimpiadi invernali, ottenendo buoni piazzamenti. Senorer, originario della Val Gardena, viene da una famiglia numerosa ed è il penultimo di 11 fratelli. Proprio perché la gestione dell'albergo di famiglia era stata affidata ai fratelli maggiori, a Carlo venne data la possibilitá di fare l'atleta. Inizió a praticare lo sci alle elementari e gli piacque talmente tanto che quando il suo maestro chiese chi voleva fermarsi al pomeriggio per delle lezioni supplementari, lui accettó entusiasta. Da allora cambió tre maestri di sci e ottenne i primi risultati importanti in ambito sportivo giá da adolescente.
Nonostante la rottura dei legamenti Carlo Senorer, nel 1965, riuscí a partecipare ai Mondiali del 1966 in Cile, dove a Portillo si aggiudicó la medaglia d'oro nello slalom speciale (in foto a destra). Intorno ai 30 anni si ritiró dalle competizioni agonistiche e ora dirige un hotel nelle Dolomiti, chiamato Portillo1966 in onore della vittoria in Cile. Oggi, a piú di 70 anni, scia ancora per passione e a chi glielo chiede risponde: “Ad andare giú in discesa con gli sci, che ci vuole?”, come se per lui fosse la cosa piú naturale del mondo.
 
Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Trovare qualcosa che ci appassioni, un'attivitá che ci faccia stare bene mentre la svolgiamo migliora le nostre giornate e il nostro umore. Puó essere uno sport, un lavoro, un passatempo e molto altro. Se si tratta di uno sport, esso ha benefici sia a livello fisico che a livello mentale. Una passione poi unisce le persone accomunate da essa: possono crearsi grandi amicizie che si mantengono anche molti anni, ci si confronta sulla passione comune, ci si dá consigli e ci si conforta, arrivando talvolta anche a condividere pezzi di vita e momenti che vanno oltre la passione comune.  


2) Impegno, disciplina e costanza: sapete per quali motivi gli atleti piangono alle Olimpiadi? Ci sono due casi: lacrime di gioia e vittoria oppure lacrime per un errore, per una sconfitta, per essere andati vicini alla vittoria, ma averla persa per un soffio, magari per una breve disattenzione. In entrambi i casi, le lacrime vengono dal fatto che gli atleti sanno quanto tempo hanno dedicato per arrivare a quei risultati, quanto tempo hanno impiegato per gli allenamenti, quanto impegno ci hanno messo, con quanta disciplina e costanza hanno lavorato, spingendo spesso il loro corpo oltre i limiti e, in molti casi, quanto sono stati attenti anche all'alimentazione. 
Se da un lato in queste Olimpiadi di Rio troviamo le lacrime di vittoria di Neymar (in foto a destra), calciatore brasiliano, che ha segnato il rigore che ha messo al tappeto la Germania, regalando al Brasile il primo oro olimpico, dall'altro lato ci sono le lacrime amare di Vanessa Ferrari (in foto a destra), 25enne bresciana, da molti considerata la miglior ginnasta italiana, che per la terza volta alle Olimpiadi ha sfiorato il podio, ma non ha ottenuto medaglie. Sembra abbia perduto la possibilitá di salire sul podio per un passo all'indietro di troppo durante la sua prova. Sapeva di poter vincere e aveva tutte le carte in regola; perdere il podio per la disattenzione di un istante le ha lasciato una grande amarezza.  

Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Se un'attivitá ci piace, siamo piú disposti a dare il 100% di noi stessi per fare il nostro meglio. Dall'impegno, dall'applicarsi con disciplina e costanza ad un'attivitá, giorno per giorno, arrivano i migliori risultati. Nonostante l'impegno, peró, non mancano le delusioni. Anche i fallimenti fanno parte del nostro cammino.


3) Credere in se stessi ed essere orientati all'obiettivo: sono altri due elementi fondamentali che contraddistinguono chi pratica sport ad alti livelli. Un esempio su tutti: Ivan Zaytsev, soprannominato “lo zar”, pallavolista di origini russe e cittadinanza italiana. Lo abbiamo visto in azione alle Olimpiadi di Rio con battute imprendibili lanciate alla velocitá di 127 km/h, con schiacciate in cui si è distinto per la sua elevazione e forza, con murate impenetrabili alle schiacciate degli avversari. Alcuni lo ritengono l'eroe che ha condotto la squadra italiana di pallavolo alla finale olimpica e sicuramente rimane tra i protagonisti di queste Olimpiadi, contraddistinguendosi per una grinta, una voglia di vincere e un orientamento al risultato che non passano inosservati. 
Quello che peró non tutti sanno è che questa grinta, questo credere in sé e questo orientamento all'obiettivo Ivan non li ha sempre avuti. Ivan è figlio, infatti, del campione olimpico di pallavolo Vjačeslav Zajcev che ha vinto una medaglia d'oro e due argenti con la squadra sovietica alle Olimpiadi tra il 1976 e il 1988. La madre di Ivan, Irina Pozdnjakova, è una nuotatrice famosa che si è distinta tra gli anni Sessanta e Settanta negli europei e nelle gare sovietiche. Se da un lato l'essere figlio di due campioni sportivi ha permesso a Ivan di ritrovarsi con un fisico dotato e con le migliori premesse per iniziare una carriera sportiva, dall'altro lato la storia delle vittorie del padre ha pesato molto inzialmente su di lui. La moglie di Ivan, infatti, racconta in un'intervista che quando l'ha conosciuto, sui campi di beach volley, Ivan si portava dietro il nome del padre e voleva affrancarsi da esso, dimostrando che poteva ottenere buoni risultati non perché era “figlio di...”, ma grazie alle proprie capacitá. C'è stato un periodo, inoltre, in cui Ivan avrebbe voluto ritirarsi dalla pallavolo, per costruire da solo la propria strada e la propria identitá, seguendo una strada diversa da quella del padre, ma pare che grazie alle conversazioni con la moglie e con altri amici e compagni di squadra, abbia deciso di rimanere, cercando di capire chi poteva diventare e cosa poteva realizzare a prescindere dal nome che si portava dietro. Ha costruito cosí giorno per giorno la sua carriera sportiva cercando di affrancarsi dai successi del padre e cercando semplicemente di dare tutto se stesso per raggiungere i migliori risultati con le sue sole forze e a quanto pare ci sta riuscendo.  
Una curiositá: Ivan Zaytsev e la moglie Ashling Sirocchi si sono conosciuti proprio sui campi di pallavolo (a proposito di passione che unisce le persone, di cui parlavamo prima!).
 (Nella foto qui sotto: il pallavolista Ivan Zaytsev salta e schiaccia) 

Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Il cambiamento, il definire chi siamo e cosa possiamo fare dipende da noi. Credendo in noi stessi e nelle nostre possibilitá possiamo realizzare qualcosa di positivo per noi stessi, indipendentemente dal nostro passato, indipendentemente da chi ci ha preceduto. Occorre restare focalizzati su ció che possiamo fare noi da soli, a piccoli passi, sugli obiettivi che vogliamo raggiungere. Qualche dubbio durante il percorso puó capitare e i dubbi si possono risolvere svolgendo attivitá concrete necessarie per giungere dove vogliamo arrivare, invece che continuando a interrogarci e a porci domande, rimanendo con le mani in mano.
 

4) Perseveranza e niente paura, nonostante le difficoltá: la vita degli sportivi non è tutta rose e fiori. Lo sa bene Daniele Lupo, che, assieme al compagno Paolo Nicolai, si è aggiudicato l'argento nel beach volley in queste Olimpiadi di Rio. L'anno scorso, infatti, mentre si stava preparando per i mondiali di beach volley, Daniele accusó un problema al ginocchio e le analisi rivelarono che si trattava di un tumore osseo. Fu operato d'urgenza e per fortuna non furono trovate metastasi. Non ha dovuto sottoporsi alla chemioterapia e questo ha reso il suo recupero piú veloce. 
In un'intervista per la Gazzetta dello Sport Daniele Lupo (in foto a destra) ha rivelato che i giorni dell'attesa dopo l'intervento sono stati i più duri: "Sono giorni in cui fai pensieri che mai avevi nemmeno sfiorato". Alla vigilia della finale di beach volley in queste Olimpiadi di Rio ha dichiarato: "Certe cose accadono per insegnarti qualcosa. Io ora non ho più paura di nulla, quella storia mi ha rafforzato come persona e come atleta". 

Quale insegnamento possiamo trarre per noi? Le difficoltá nel percorso della vita non mancano: imprevisti, malattie, ritardi, inghippi, porte chiuse in faccia, qualcuno che ci mette i bastoni tra le ruote… è importante peró, nonostante tutto, andare avanti per la propria strada, fronteggiando anche la paura. Ció che non ci distrugge ci fortifica, sosteneva qualcuno. E il coraggio non è assenza di paura, il coraggio è la paura vinta, affermava qualcun'altro. Cerchiamo di ricordarcelo.
 

Si conclude qui la prima parte dell'articolo dedicato agli insegnamenti di vita che possiamo trarre dalle storie degli atleti olimpici. Quale storia vi ha colpito di piú? Quali altri insegnamenti possiamo trarre per noi, per la nostra vita di tutti i giorni? Se vi va, scrivetelo nei commenti.
Restate sintonizzati per leggere anche la seconda parte dell'articolo nei prossimi giorni!