martedì 30 settembre 2014

Come avviarsi alla professione e diventare buoni psicologi e psicoterapeuti

 Il bello dei blog e dei social network è che mi permette di interagire con diverse persone, tra cui colleghi, aspiranti psicologi e studenti, che mi offrono l'opportunità di confrontarmi con loro su temi importanti relativi alla professione, a come avviarsi, agli sbocchi lavorativi per gli psicologi. Visto che tali questioni mi vengono poste spesso, oggi ho deciso di scrivere un post che riassume i suggerimenti per l'avviamento alla professione e per diventare dei buoni psicologi e psicoterapeuti di professionisti già avviati e docenti universitari o di scuola di specializzazione, suggerimenti che ho raccolto nel tempo confrontandomi costantemente con queste persone, riassunti e "riarrangiati" da me per renderli chiari ai miei lettori.



L'immagine di apertura di questo articolo non è scelta a caso e rappresenta un allenamento. Così come un buon corridore per vincere ha bisogno di molto allenamento fisico e mentale, di passione, di conoscere le potenzialità del proprio corpo, il percorso, le abilità degli avversari, di sapere quali sono i suoi limiti e come superarli, di credere in se stesso e di immaginare la vittoria, allo stesso tempo non arrendendosi per una sconfitta, per diventare buoni psicologi e riuscire a lavorare come tali è necessario un allenamento che richiede conoscenze psicologiche, umane, relazionali, sociologiche, economiche e di contesto, alcune delle quali non si acquisiscono solo studiando ma anche informandosi per conto proprio e interagendo con le persone, unito a molta pratica di osservazione, di dialogo con gli altri per comprendere come si vedono, cosa è importante per loro, i loro punti di forza, i loro problemi e come superarli nel modo più adatto per loro.
Ecco quindi una serie di suggerimenti per realizzare questo "allenamento".


-Premesse per riuscire a lavorare bene sono "allenarsi" e costruire la propria competenza, ovvero studiare per conoscere molto bene ciò di cui si sta parlando, comprendere chi abbiamo di fronte e adeguare il nostro linguaggio al nostro interlocutore, avendo cura di esercitarci anche su aspetti quali fonetica, toni, pause, stile discorsivo; leggere molto e non solo libri di psicologia (A. Salvini). Lo studio, l'impegno e il ricordarci di adeguarci a chi abbiamo di fronte, in altre parole, sono la base di qualsiasi competenza e successo lavorativo.
-Dedizione e piccoli passi, ovvero mettere tutti noi stessi in ciò che facciamo e lavorare per piccoli obiettivi concreti e realizzabili sono senz'altro altri elementi che ci aiutano ad arrivare dove vogliamo. Una volta terminati gli studi, può essere utile andare a bussare alle porte di medici e avvocati per chiedere che loro ci mandino pazienti. L'equivalente del corridore che studia e conosce i propri avversari per noi psicologi è osservare molto chi ci circonda, ponendoci con un atteggiamento di curiosità piuttosto che di giudizio o di sicurezza legata al nostro sapere, essendo consapevoli che noi non sappiamo niente di chi abbiamo di fronte (D. Romaioli).
-Serve tanta pazienza ed è opportuno cercare di sempre di fare qualcosa, mai restare fermi (E.Faccio) e questo vale sia dal punto di vista dello studio e approfondimento, sia dal punto di vista del promuoversi e cercare nuove opportunità di lavoro. Immaginate a un corridore che voglia qualificarsi per una gara importante: credete che possa permettersi di stare fermo due mesi senza allenarsi?
-Ribadisco ancora la pazienza ed inoltre aggiungo la consapevolezza che molte porte si aprono alla fine del percorso di studi. E' importante anche garantire presenza costante nel posto in cui si intende lavorare, disponibilità e reperibilità (A. Iudici). Se il corridore sa di avere una gara in un certo posto un certo giorno, sa che dovrà trasferirsi lì con un certo anticipo, per conoscere il campo, il clima, fare degli allenamenti sul posto per arrivare ancora più pronto alla sua gara.

-Può essere utile scrivere libri (ma anche ebook, blog, crearsi una pagina Facebook) in modo chiaro e semplice alla portata di tutti per farsi conoscere (M.V. Masoni). Come ogni corridore che si avvia sulla strada del professionismo ha bisogno di uno sponsor per farsi conoscere, noi psicologi siamo sponsor di noi stessi: nell'era di Internet in cui la maggior parte delle persone si informa attraverso il web e prima di confrontarsi faccia a faccia con un professionista vogliono saperne di più su di lui e sulle sue competenze, il nostro miglior biglietto da visita è proprio quello che scriviamo, che può dire molto di noi ai nostri interlocutori, sia su quello che sappiamo, sia su come ci rivolgiamo a chi non ci conosce.
-Sempre legato al tema di Internet, promuoversi attraverso Internet e conoscerne le potenzialità, anche pubblicando i feedback dei propri clienti sul proprio sito. Ciò significa che se ci prendiamo l'impegno di aprire un blog, un sito o una pagina Facebook, ci impegnamo anche a tenerla aggiornata, ritagliandoci in agenda un tempo (quotidianamente, settimanalmente o comunque cercando di rispettare scadenze precise) per curare il nostro blog o pagina: questo perché una pagina poco aggiornata raramente viene seguita.
La strategia di promuoverci attraverso Internet comunque non è l'unica da portare avanti, ma va affiancata anche ad altre strategie di promozione, come per esempio cercare di fare almeno 5 colloqui a settimana con medici diversi per farci inviare qualche paziente (C. Fasola). Unito a questo è utile organizzare delle serate informative gratuite ed aperte a tutti nella propria città o paese su temi psicologici per farci conoscere e sensibilizzare le persone sull'utilità della psicologia. Tali serate possono essere tenute in biblioteche, oratori e teatri parrocchiali, scuole (previa concessione del sindaco, sacerdote o dirigente a seconda dei casi con cui occorre accordarsi per tempo prima di organizzare l'evento) o presso il proprio studio.
-Fare esperienza e aprire il proprio studio, possibilmente cercando di non avere o tenere al minimo le spese di affitto. Per esperienza si intende sia l'osservazione e dialogo continui con qualsiasi persona (già menzionati prima), ma anche esperienza in enti pubblici attraverso i tirocini e per conto nostro avviando lo studio dopo l'abilitazione o continuando la collaborazione con cliniche, ospedali, cooperative anche dopo l'abilitazione. Un consiglio per i laureati che si accingono a fare il tirocinio post-laurea: non limitatevi a sondare la disponibilità di una struttura nell'accogliervi per fare tirocinio, ma informatevi anche col vostro tutor su quali attività e mansioni svolgerete nel corso di tirocinio. Specifico questo perché molto spesso sento persone che si lamentano: "Al tirocinio post laurea mi hanno solo fatto fare la segretaria e le fotocopie, ma non la psicologa! E' stato un tirocinio inutile!", al che la mia domanda sorge spontanea: "ma tu prima di accettare ti sei informata su cosa ti avrebbero fatto fare?". Se l'attività di segreteria e fotocopie non corrisponde all'esperienza che abbiamo bisogno di fare, se lo sappiamo prima la evitiamo e cerchiamo qualcos'altro più in linea con le nostre aspettative.
-Per aprire uno studio è utile inizialmente associarsi con i colleghi, in modo da abbattere i costi di affitto e creare una rete di lavoro con i colleghi (A.Ravasio e C.Mazzini). Anche nel caso degli sportivi, lavorare in squadra può migliorare la nostra performance e non vale solo per gli sport di squadra.
-Collegato al punto precedente, è utile scambiare idee, informarsi, confrontarsi e intessere relazioni non solo con i colleghi e con chi è più avanti di noi nel percorso lavorativo o di studio, ma anche con amici, conoscenti e altre professionalità può essere utile per aprirci delle porte (spesso alcuni lavori arrivano in modo imprevisto: magari l'amica di un amico del collega di mio marito lavora in un posto che mi interessa e potrei mettermi in contatto con questa persona per saperne di più).
-Imparare ad essere un po' attori e un po' prestigiatori, ovvero imparare ad utilizzare un linguaggio, mimica, tono, postura adeguati all'effetto che intendiamo suscitare nel nostro interlocutore, sapendo anche come gestire la sua attenzione; questo implica anche una buona capacità immaginativa e di anticipazione (G. Nardone, M. Rampin, M.V. Masoni).

-Utile anche coltivare identità alternative senza fossilizzarci su quella di psicologi ed imparare ad essere flessibili per essere pronti a reinventarci e rimetterci in gioco in altro modo qualora le cose per noi non andassero come sperato (M. Rampin) e se abbiamo la necessità di guadagnarci da vivere, se all'inizio della professione il lavoro di psicologi non ci basta per mantenerci, cerchiamo di avere l'umiltà e di nuovo la flessibilità di accettare anche altri lavori. Necessità vs. il sogno di una vita è una questione piuttosto complessa, ma ritengo che se davvero crediamo in un sogno, dobbiamo essere disposti anche a fare qualcos'altro per mantenerci mentre gettiamo le basi per realizzarlo e, allo stesso modo del corridore che non si arrende di fronte alle prime difficoltà e al fatto di aver perso una medaglia per appena un centesimo di secondo, anche noi non scoraggiamoci di fronte alle prime difficoltà o allo studio che fatica ad avviarsi.
-Flessibilità significa anche disponibilità: più ci adattiamo, più è facile che riusciremo a lavorare. Se cerchiamo il lavoro comodo sotto casa, cucito su misura sulle nostre pretese è possibile che ci voglia più tempo per avviarsi, perché le opportunità non sono sempre presenti nel momento e nel luogo che decidiamo noi. Sul termine adattamento, non vi è però un accordo definitivo su cosa si intenda in ambito professionale: c'è chi lo pensa come "va bene qualsiasi cosa pur di lavorare" e chi la pensa come "ok essere flessibili, ma ci sono delle cose che proprio non potrei fare". Qui sta al singolo stabilire il proprio grado di adattamento secondo le proprie necessità personali, famigliari, affettive ecc.

-Un atteggiamento propositivo piuttosto che il semplice invio di un curriculum ci rendono immediamente più interessanti agli occhi dei nostri committenti.
-Conoscere la realtà storica, economica ed i trend demografici dei nostri tempi, rilevando i bisogni dell'utenza, ci permette di inserirci e proporci in contesti ancora non battuti. Per questo è utile rimanere aggiornati sui temi di attualità e leggere anche qualche libro di economia. Vi siete accorti per esempio che l'età media di morte è avanzata, con conseguente aumento di anziani, che gli immigrati sono aumentati e che ci sono sempre più badanti soprattutto straniere, che alcuni genitori sono sempre più disorientati nell'educazione dei propri figli e che mettono sempre i figli al primo posto, che all'estero è prevista la figura dello psicologo nei reparti di oncologia? Se ve ne siete accorti, potete ben immaginare che si sono creati bisogni che forse anni fa non c'erano oppure c'erano ma in forma molto più lieve legati alla gestione degli anziani (con tutti i problemi di salute, memoria, autonomia che possono avere), alla formazione del personale preposto alla loro cura come le badanti, ai temi dell'integrazione per gli stranieri, alla formazione dei genitori nei rapporti con i figli, ai temi della psico-oncologia. Ecco, tutte queste aree sono di competenza per noi psicologi.

-Consideriamo la potenza del passaparola: quanti dei vostri amici, parenti e conoscenti sanno che fate gli psicologi? E non mi riferisco al fatto che sappiano quanti clienti avete, ma che sanno che vi state dando da fare per avviarvi come psicologi. Ogni mossa che fate per migliorare la vostra competenza e per promuovervi è una dimostrazione del fatto che state facendo gli psicologi, quindi ditelo. Sembra banale, ma è un elemento che non va tralasciato. Parlare il più possibile del fatto che svolgete quel lavoro è la prima regola che viene insegnata ad un addetto alle vendite ed effettivamente può servire anche per gli psicologi per attirare potenziali clienti. Poco importa che non abbiate ancora un cliente nel vostro studio, da qualche parte bisogna pur iniziare e la percezione degli altri su di voi è sicuramente migliore se dite: "Mi sto promuovendo organizzando questo evento, scrivendo il tal blog, sensibilizzando i cittadini sull'importanza del benessere psicologico, associandomi con i colleghi" piuttosto che "sì sto facendo la scuola di psicoterapia, ma devo ancora vederne i frutti... di pazienti neanche l'ombra finora!".

-E' molto importante credere in se stessi e nella competenza che abbiamo costruito negli anni, cosa che mi sembra manchi un po' a certi neolaureati appena usciti dall'università e agli psicologi ai primi anni di specializzazione. Se è vero che troppa sicurezza nelle proprie capacità uccide la possibilità di migliorare e talvolta anche quella di essere realmente terapeutici per il nostro interlocutore, è anche vero che l'insicurezza a volte ci blocca e così si rischia di non fare nulla per paura di sbagliare o di perdere la faccia. Questa in realtà si rivela più una paura che una possibilità concreta. Vorrei fornire un punto di vista alternativo su questa paura: cerchiamo di esserne orgogliosi, perché è quella ci porta migliorarci costantemente, detto ciò tiriamola fuori quando vogliamo migliorare, ma impariamo a metterla da parte quando ci blocca nel raggiungimento dei nostri obiettivi. Per questo, va ribadito per la seconda volta: ammettiamo l'errore, consideriamolo stimolo per migliorare, non sovrastimiamo gli effetti di piccoli errori che possiamo commettere e ricordiamoci piuttosto che il primo fattore di successo per la terapia è la costruzione di una buona relazione: se si è costruita una buona relazione, il più delle volte il nostro interlocutore non si accorge nemmeno del nostro errore oppure sorvola su di esso, ritenendo comunque di aver ottenuto altri benefici venendo da noi.
Credere in se stessi e costruire competenza significa anche essere disposti a migliorare accettando le critiche costruttive, mosseci con cognizione di causa da chi ha avuto a che fare con noi, ha visto come lavoriamo ed ha realmente a cuore il nostro miglioramento: queste persone possono essere colleghi di scuola, università o lavoro, docenti, tutor di tirocinio generalmente, ma anche persone con cui abbiamo parlato del nostro lavoro. Su tutte le altre critiche, mosse per invidia o da chi non ci ha visto al lavoro, sorvoliamo e ignoriamole: purtroppo ci sono tante persone che ci smontano senza neanche sapere di cosa stanno parlando e altrettante che si divertono a cercare di affossare gli altri perché forse non hanno niente di meglio da fare...
-Facciamo tutto ciò che è nelle nostre possibilità, usando anche immaginazione e creatività, ricordandoci sempre che "il vincente sa che per lo più si perde" (G.B. Shaw) e che chi vuole il modo lo trova, il resto è solo una scusa. Non solo: ricordiamoci anche che ogni limite può essere superato se lo si affronta con le proprie risorse di adattamento, voglia di farcela, curiosità. Per esempio, qualcuno ritiene che lavorare come psicologo all'estero sia impossibile, perché richiede conoscenza elevatissima della lingua e del diverso contesto culturale e di lavoro; io invece conosco persone italiane che ce l'hanno fatta, quindi non sono dello stesso parere.
Quelle raccolte qui sono indicazioni di massima. Non esistono ricette uguali per tutti per diventare buoni psicologi e lavorare come tali, perché ognuno ha un diverso stile, le proprie preferenze per quanto riguarda gli ambiti di lavoro, le esigenze personali e famigliari. Riassumendo, essere psicologi significa sapere, saper fare e saper essere e ogni professionista ritaglia tutto ciò a modo suo.
Detto questo, teniamo anche presente che “Io ho sempre pensato che spesso l’affanno nostro più grosso, è cercare in qualche modo di prepararci a quello che sta per arrivare, cercare di pensare il futuro, di non farsi trovare impreparati, per poi ogni volta vedere che quando ti trovi lì, in realtà, niente è come l’avevi immaginato, e quindi secondo me, il senso più profondo della vita resta semplicemente nel viverla" (Luciano Ligabue).

E voi, come vi state promuovendo? Come siete riusciti ad avviarvi nella vostra professione? Mi fa piacere se mi racconterete le vostre esperienze e se vorrete commentare i suggerimenti qui raccolti. Potete discutere questo articolo anche sulla mia pagina Facebook: https://www.facebook.com/psichecuoreblog



Ringrazio sentitamente tutti i professionisti, colleghi, famigliari, conoscenti e amici con cui ho avuto il piacere di confrontarmi su questi temi e senza la discussione con i quali questo articolo non sarebbe stato possibile. Li voglio ricordare tutti:  i miei docenti A. Salvini, E. Faccio, A. Ravasio, D.Romaioli, A. Iudici, M.V. Masoni, C. Mazzini, M. Rampin, C. Fasola e tutti coloro che preferiscono rimanere anonimi;
-i colleghi di scuola, di tirocini presenti e passati e università: F. Andreolli, B. Bellini, E. Bergo, V. Biagini, A. Bilò, E. Bragotto, S. Bresolin, N. Costa, A. Cortesi, F. Chiarelli, V. Fiorin, A. Franzon, E. Frasson, E. Frescura, S. Gipponi, I. Marcolini, S. Martinazioli, N. Milanese, E. Pasquin, C. Poggi, M. Ronca, F. Zorzo, P. De Nale, T. Sieve, S. Toti, V. Vasile, C. Bertazzo, S. Rossi, P. Guadagnini, D. Guberti, S. Costa, F. Andrisani, E. D'Elia, E. Capovilla, A. Antonello, S. Balasso, C. Ferronato, M. Fiaschi-Schneider;
-gli amici e parenti: A. Gnoatto, M. Taddia, B. Sebastia, E. Saviozzi, F. Koshoffa, le famiglie Canossa, Masetti, Gambassi;
-i fans della mia pagina Facebook, nonchè futuri colleghi, con cui ho spesso il piacere di fare interessanti discussioni: S. Madeddu, G. Crescente e tutti coloro che mi leggono e che mi vorranno suggerire altri spunti di riflessione.